Movimento e setta politico-religiosa musulmana operante in Egitto con
ramificazioni in vari altri Paesi del Medio Oriente, in particolare in Siria. La
Fratellanza musulmana (IKHWAM) venne fondata a Ismailia nel 1929 da Hassan
el-Banna, allora giovane insegnante. Carattere precipuo del movimento era il
nazionalismo fortemente xenofobo, la militanza anti-inglese, la fedeltà
agli ideali del Corano, l'avversione per i partiti. Tali caratteristiche
decretarono il successo del movimento che assunse vaste dimensioni
nell'immediato dopoguerra e alla vigilia della guerra palestinese del 1948
riuscì a porsi come forza trainante del movimento popolare, predicando la
partecipazione alla guerra contro Israele. Dopo la sconfitta i
F.M. si
impegnarono in una serie di atti terroristici contro il potere costituito,
culminati nell'assassinio del capo della polizia del Cairo, seguito da quello
del primo ministro Noqrashi Pascià. Ciò indusse le autorità
a ricorrere a loro volta alla forza e il decreto di scioglimento della
Fratellanza fu seguito dall'assassinio nel 1949 del suo leader, el-Banna,
ordinato dalle autorità. Ciò non fece che accentuare il carattere
terroristico della Fratellanza, costretta ad operare nella clandestinità.
Esso potè riprendere a condurre la sua agitazione politica alla luce del
sole nel 1951 svolgendo attività di guerriglia contro gli Inglesi nella
zona del canale e operando una serie di atti terroristici, culminati
nell'incendio del Cairo ("sabato nero" del gennaio 1952). Tali atti confermarono
la vittoria della sua corrente "feudale" e filofascista su quella populista,
portando inoltre all'affermazione come capo (ottobre 1951) di Hassan el-Hudaibi,
legato al nuovo primo ministro Ali Maher, uomo di fiducia di re Faruk.
Nonostante la presenza di aderenti alla Fratellanza tra gli ufficiali che
organizzarono il colpo di stato antimonarchico nel 1952, la volontà
conservatrice della Fratellanza si scontrò presto con quella riformatrice
dei militari raccolti attorno a Nasser e nel gennaio 1954 fu decretato lo
scioglimento dell'organizzazione. Il colpo definitivo le venne inferto
nell'ottobre successivo con la denuncia di un complotto che avrebbe dovuto
portare al massacro di tutti i capi militari. Nonostante la capillare
repressione e l'allontanamento dei suoi membri dai numerosi uffici in cui erano
infiltrati, la confraternita riuscì a sopravvivere, più che come
struttura organizzativa, come richiamo ideologico. Negli anni Sessanta, con
l'accentuazione dei programmi riformatori del regime nasseriano, l'ala destra
del governo cercò nuovamente l'appoggio degli ex membri della fratellanza
e questo fatto, unitamente al crescente malcontento della piccola borghesia,
consentì ai
F.M. di riemergere e di rafforzarsi dopo la disastrosa
guerra dei Sei giorni del 1967. Maggiori sviluppi si ebbero dopo la morte di
Nasser e l'avvento di Sadat che, non avendo dimenticato la sua giovanile
adesione alla Fratellanza, amnistiò pressoché tutti i suoi
appartenenti ancora in carcere, servendosi poi di loro per controllare i
fermenti sociali del paese, soprattutto studenteschi, non potendo tuttavia
accettare il fanatico antisovietismo e antioccidentalismo della setta. I
rapporti col regime di Sadat andarono perciò deteriorandosi, anche per le
interferenze del presidente libico Gheddafi, probabile finanziatore della
Fratellanza e comunque unito ad essa da non poche affinità ideologiche,
soprattutto con la sua ala più "pura" che si riallaccia al programma e
agli ideali del suo fondatore el-Banna: richiamo al Corano e alle sue leggi,
compresa quella che prevede il taglio della mano per i ladri e quella che vuole
la segregazione della donna in casa; impegno religioso contro l'ateismo e quindi
lotta ad oltranza al comunismo: programmi sociali di tipo populistico.
L'ostilità nei confronti del regime di Sadat crebbe a tal punto che da
più parti si avanzò l'ipotesi che l'organizzazione fosse
direttamente responsabile dell'assassinio del presidente egiziano, avvenuto
nell'ottobre del 1981. In precedenza la setta dei
F.M. si era dichiarata
contraria agli accordi stipulati a Camp David (1979) tra Egitto e Israele con la
mediazione dell'allora presidente degli USA Jimmy Carter. Negli anni Ottanta la
Fratellanza riprendeva quindi nuovo slancio, allenandosi con l'opposizione del
governo egiziano di Mubarak, intervenendo con azioni destabilizzatrici in Siria
e penetrando negli stati arabi del Golfo Persico.